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Mimmo Costanzo Tecnis SpA

martedì 21 dicembre 2010

Area grigia nemico da battere: il mio intervento sul Sole-24Ore

Di seguito il testo del mio intervento pubblicato sul Sole-24Ore Sud a pag. 8 dell'edizione del 15 dicembre

Legalità. Il presidente della Tecnis di Catania rilancia i temi di Ivan Lo Bello
Area grigia nemico da battere

di Mimmo Costanzo*

In Sicilia esistono imprese sane. È difficile, genera costi impropri, obbliga a remare controcorrente, ma si può e si deve fare. Lo devo dire come imprenditore ma soprattutto come cittadino attivo, come civic entrepreneur convinto che la forza della società operosa deve e può prevalere. Sono assolutamente d’accordo con Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia, che ha tracciato il nuovo identikit dei poteri criminali a Catania, definita «capitale della mafia imprenditrice». Lo Bello dilata ulteriormente uno squarcio aperto dal brillante lavoro di magistratura e forze dell’ordine, che hanno portato alla luce un intreccio di collusioni fra criminalità organizzata, politica e imprenditoria, laddove – leggendo i resoconti giornalistici – i ruoli sono in alcuni casi talmente sovrapposti da non capire dove comincia lo status di mafioso e dove finisce quello di imprenditore. Una realtà, quella della «permeabilità» del sistema economico al malaffare, che non può essere negata e che il presidente di Confindustria Sicilia ha fatto bene a denunciare.

Io, da imprenditore catanese, penso che la migliore risposta e il più concreto sostegno alla denuncia di Lo Bello si devono dare con i fatti. Ognuno di noi deve fare la sua parte, in un sistema imprenditoriale pulito, che osserva le regole e i modelli di competizione basati su qualità, innovazione e confronto con i mercati internazionali. Ma chi fa impresa in Sicilia ha – oggi più di prima – un dovere in più: emarginare i mafiosi «travestiti» da imprenditori. Ben vengano i codici etici, ben vengano i protocolli d’intesa, ben vengano le espulsioni degli associati collusi con la criminalità. Ma questa non è soltanto una legittima «questione morale». È anche la necessaria tutela del valore più importante per chi fa impresa: la libertà di mercato. Una condizione che viene irreversibilmente «dopata» dalla presenza di un sistema fondato sul ricatto, sull’illecito e sulla sottomissione.

Libertà di mercato, ma non solo. Perché chi fa impresa è tenuto moralmente ad andare oltre la ricerca del profitto. E qui subentra il concetto di responsabilità sociale, che per me rappresenta la bussola morale di chi fa impresa, in un percorso che cerco di compiere ogni giorno nelle mie scelte. Responsabilità sociale non significa soltanto dire no alla mafia, il che è già un risultato importante. Responsabilità sociale significa dare alla propria azienda un ruolo propulsivo per lo sviluppo del territorio e della collettività; significa garanzia della sicurezza e della dignità dei lavoratori; significa tutela dell’ambiente, del territorio e delle culture con un’attenzione all’etica e all’estetica; significa valorizzazione del talento, del merito e della voglia di fare, attraverso un «patto» con le nuove generazioni.

Non sono valori facili mettere in pratica, nemmeno per chi con un cantiere riesce a costruire qualsiasi cosa. Ma forse oggi l’opera più difficile è restare in Sicilia, a Catania. Lavorare in questa terra e per questa terra, rifuggendo dalla tentazione – ricorrente, lo confesso – di lasciare, di andare via. Eppure chi, come me, decide di restare, non lo fa per costrizione né tanto meno per convenienza. Ma per scelta. Una scelta difficile, sofferta, magari dettata più dal cuore che dalla testa. Io, però, sono qui, resto qui, provo a tenere la schiena sempre dritta. E sono fiero di essere un imprenditore, catanese, impegnato ogni giorno a fare nient’altro che il proprio dovere.

* Presidente della Tecnis

lunedì 13 dicembre 2010

Segnalo un articolo pubblicato dal Sole-24Ore sui dati del rapporto «Sistema italiano delle costruzioni», recentemente presentato a Roma
di Claudio Tucci
Nel 2009 il sistema delle costruzioni ha perso oltre 47 miliardi di fatturato, con una contrazione del giro d'affari aggregato del 12,3% rispetto al 2008 e un calo della produzione in termini reali dell'11 per cento. Male anche l'occupazione: da inizio 2009 a oggi sono stati persi 250mila posti e senza interventi ne sono a rischio altri 250mila entro la fine 2011. I dati sono contenuti nel rapporto «Sistema italiano delle costruzioni», targato Federcostruzioni, presentato a Roma, che evidenzia come la crisi abbia pesato (e molto) sull'intero comparto. Anche se, sottolinea lo studio, nel 2010 sono attesi i primi segnali di ripresa, «che dovrebbero arrivare dal fronte estero». «Il settore delle costruzioni va sostenuto», ha detto la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia: «Una spesa aggiuntiva pari a 100 significherebbe una ricaduta pari a 300 sull'economia».
Il rapporto evidenzia poi come il settore delle costruzioni in Italia svolga un ruolo di primo piano, anche a livello occupazionale: 3 milioni di addetti (16,8% degli addetti dell'industria e dei servizi), con la produzione che rappresenta il 12,8% degli impieghi del pil, il prodotto interno lordo. A ciò si aggiunga che, stima Federcostruzioni, ogni aumento di un miliardo di euro di nuova produzione significa 23.620 nuovi posti di lavoro. L'offerta è destinata prevalentemente al mercato interno: i settori collegati alle costruzioni destinano il 35% del valore della produzione alle esportazioni, ma vi sono filiere dove l'export si avvicina o supera il 50 per cento.

In rete il nuovo sito Cogip

Pubblicato il nuovo sito internet di Cogip. Una piattaforma multimediale, con grafica innovativa, aggiornamenti in tempo reale e una particolare attenzione al mondo del web 2.0. In home page la presentazione del gruppo (mission, assetto societario, organigramma, responsabilità sociale, qualità&sicurezza e informativa societaria), con la descrizione delle tre divisioni (infrastrutture, energie rinnovabili e real estate) e il database completo dei progetti, consultabili con un motore di ricerca. Infine una press area con comunicati, rassegne stampa e news sull’attività. Sono inoltre previsti collegamenti in tempo reale con blog e social network, per una comunicazione ancora più completa sull’attività del gruppo Cogip.

Per scoprire tutte le novità: www.cogip.it

Il rapporto «Sistema italiano delle costruzioni»

Segnalo un articolo pubblicato dal Sole-24Ore sui dati del rapporto «Sistema italiano delle costruzioni», recentemente presentato a Roma
di Claudio Tucci
Nel 2009 il sistema delle costruzioni ha perso oltre 47 miliardi di fatturato, con una contrazione del giro d'affari aggregato del 12,3% rispetto al 2008 e un calo della produzione in termini reali dell'11 per cento. Male anche l'occupazione: da inizio 2009 a oggi sono stati persi 250mila posti e senza interventi ne sono a rischio altri 250mila entro la fine 2011. I dati sono contenuti nel rapporto «Sistema italiano delle costruzioni», targato Federcostruzioni, presentato a Roma, che evidenzia come la crisi abbia pesato (e molto) sull'intero comparto. Anche se, sottolinea lo studio, nel 2010 sono attesi i primi segnali di ripresa, «che dovrebbero arrivare dal fronte estero». «Il settore delle costruzioni va sostenuto», ha detto la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia: «Una spesa aggiuntiva pari a 100 significherebbe una ricaduta pari a 300 sull'economia».
Il rapporto evidenzia poi come il settore delle costruzioni in Italia svolga un ruolo di primo piano, anche a livello occupazionale: 3 milioni di addetti (16,8% degli addetti dell'industria e dei servizi), con la produzione che rappresenta il 12,8% degli impieghi del pil, il prodotto interno lordo. A ciò si aggiunga che, stima Federcostruzioni, ogni aumento di un miliardo di euro di nuova produzione significa 23.620 nuovi posti di lavoro. L'offerta è destinata prevalentemente al mercato interno: i settori collegati alle costruzioni destinano il 35% del valore della produzione alle esportazioni, ma vi sono filiere dove l'export si avvicina o supera il 50 per cento.

sabato 11 dicembre 2010

Tecnologia e minimo impatto ambientale nei lavori al porto di Genova

Tecnologia di ultimissima generazione, notevoli capacità tecniche, consumi energetici ridotti e minimo impatto sull’ambiente. È una specie di «aspiravopolvere ecologico» la draga «Shoalway» in attività dal 20 novembre al porto di Genova, nell’ambito del progetto di ampliamento di Calata Bettolo, che l’Autorità portuale ha affidato a Tecnis e Boskalis per la realizzazione di un grande terminal per la movimentazione dei container (180.000 m³ di superficie e 800.000 container/anno di traffico) e la conseguente razionalizzazione delle rotte commerciali e crocieristiche nel Mar Ligure.

IL PROGETTO AL PORTO DI GENOVA. Il progetto di adeguamento tecnico-funzionale prevede nel cuore del porto di Genova opere marittime, edili ed impiantistiche che si rendono necessarie pr il recupero funzionale di Calata Oli Minerali e per l’ampliamento di Calata Bettolo. L’intervento prevede la realizzazione di una nuova banchina a sud (per chiudere lo specchio acqueo compreso fra gli sporgenti di Ponte Rubattino e Ponte Paleocapa, oltre che una serie di banchine nell’area ovest per formare la nuova darsena tecnica.

L’ATTIVITÀ IN CORSO. L’attività della draga «Shoalway» è legata alla necessità di riempire lo specchio acqueo antistante l’attuale Calata Bettolo: circa 2.200.000 m³ di materiale da ricavare dagli interventi di dragaggio, previsti dal progetto e approvati dall’Autorità portuale per l’adeguamento dei fondali del porto di Genova. Entro gennaio si prevede il dragaggio di 700.000 m³; successivamente sono previste altre due fasi: la prima nella seconda metà 2011, la seconda nel 2012. Il vantaggio di questo tipo di intervento è duplice: si porteranno i fondali alla profondità richiesta per le esigenze delle navi previste sui nuovi accosti e inoltre si potrà “autoprodurre” il corpo di riempimento, senza ricorrere a materiale di cava e utilizzando terre e materiali di scavi per le attività di precarica delle colmate, per raggiungere il giusto grado di consolidamento dei nuovi piazzali. A tal proposito è importante l’attività di selezione del materiale proveniente dalle varie aree di dragaggio, al fine di garantire attraverso la scelta della pezzatura (variabile dalla più piccola alla più grande, partendo dal fondo verso la superficie) il raggiungimento dei valori di carico ammissibili nel nuovo piazzale, grazie anche all’ausilio di dreni verticali che servono per accelerare il suo consolidamento.

LE CARATTERISTICHE DELLA DRAGA. La draga aspirante refluente autocaricante «Shoalway» è una vera e propria nave, dotata di un pozzo di carico (TSHD, Trailer Suction Hopper Dredger) con una capacità di 4.500 metri cubi. Costruita nel 2009, la «Shoalway» garantisce prestazioni e capacità del processo di dragaggio ai massimi livelli, ma assicura soprattutto di ridurre i consumi di carburante e le emissioni di fumi di scarico in atmosfera.

Il principio di funzionamento della draga TSHD è molto simile a quello di un comune aspirapolvere. Sulle tubazioni di aspirazione poste alle estremità sono presenti le teste di dragaggio, che calano sul fondale marino nel momento in cui la draga ha raggiunto l’area interessata all’intervento. Attraverso un sistema di pompe presente all’interno del mezzo, la testa di dragaggio «aspira» il sedimento dal fondo marino, convogliandolo all’interno del pozzo di scarico. Quando il pozzo stesso ha raggiunto la massima capacità di carico, la testa di dragaggio viene issata nuovamente a bordo e s’inizia la navigazione verso la zona di destinazione del materiale dragato, che può essere scaricato mediante la connessione del mezzo a un sistema di tubazioni che consentono di convogliarlo in una degli invasi del nuovo piazzale.

martedì 7 dicembre 2010

Vi segnalo la recensione del libro di Elita Schillaci e Cristina Longo, pubblicata a firma di Maurizio Caserta su “La Sicilia” di domenica 5 dicembre a pagina 16

Maurizio Caserta
Il bel libro di Elita Schillaci e Cristina Longo, Territori Imprenditoriali, edito da Rubbettino e uscito il mese scorso, può essere letto in tre modi diversi: come un’indagine su un’unità concettuale; come la storia di un percorso intellettuale; come un manifesto politico. L’unità concettuale è il territorio; il percorso intellettuale è quello di due donne che, sia pure da punti di partenza diversi, coniugano l’attività intellettuale con l’azione riformatrice; il programma politico è progettare un territorio vitale, aperto e responsabile.
L’indubbio punto di partenza delle autrici è il ruolo dell’imprenditore. L’imprenditore non coincide con l’impresa, che è invece un’organizzazione; l’imprenditore è una persona in carne ed ossa. Seguendo Schumpeter, l’imprenditore non è né un capitalista né un manager, ma un motore di sviluppo. Un’economia senza imprenditori è un’economia sempre uguale a se stessa. È l’imprenditore che introduce nuovi prodotti e nuovi metodi di produzione, apre nuovi mercati, conquista nuove fonti di approvvigionamento, applica nuovi sistemi organizzativi. L’imprenditore percepisce nuovi bisogni e individua soluzioni per soddisfarli. È in definitiva colui che accetta la sfida dell’incertezza. È colui che percepisce le opportunità di profitto prima degli altri e agisce di conseguenza. È vigile e attento: una attenzione ed una tensione che è essenziale per la vita e la crescita delle comunità.
La domanda posta nel libro è se un intero territorio può assumere su di sé il compito e le responsabilità che tradizionalmente sono state attribuite agli imprenditori. Ossia se un territorio può diventare collettivamente motore di sviluppo, prestare incessante attenzione ai bisogni, cercare le soluzioni, assumere azioni concertate, controllare se il cammino intrapreso è quello giusto. In altri termini si chiede se un territorio può avere un’identità ed un’anima. Questo punto è il cuore del programma scientifico delle due autrici ma anche il cardine del loro manifesto politico, laddove il libro sia letto anche in questo senso. La risposta è ovviamente positiva: tutto il libro consiste proprio nella puntuale indicazione delle condizioni che devono essere soddisfatte perché un territorio possa acquisire quella identità e quell’anima, e perché queste a loro volta sono condizioni di sviluppo e di crescita.
Un territorio che sappia intercettare i bisogni, interni ed esterni, che organizzi le sue forze per cercare e fornirvi una soluzione, che trasformi quella ricerca in un’occasione di crescita per tutti, è un territorio competitivo. Ciò significa che esso è capace di riprodursi nel tempo su basi via via più solide, anche in un contesto in cui la competizione può essere particolarmente dura.
È possibile, infatti, che un territorio venga espulso dalla competizione, spinto su un percorso di marginalità e, in alcuni casi, perfino di estinzione. Questa possibilità è sempre considerata dalle autrici quale esito indesiderabile di un percorso cui manchino quegli elementi che rendono il territorio socialmente e collettivamente responsabile. Sono proprio queste, infatti, le parole chiave di un territorio competitivo: intenzionalità collettiva, responsabilità sociale, senso del bene comune. Ed è qui che l’indagine sull’unità concettuale ‘territorio’ s’intreccia con la storia di un percorso intellettuale.
Vi è, a ben leggere tra le pagine del libro, una continua trasposizione tra la dimensione individuale e la dimensione collettiva, quasi ad imporre su quest’ultima gli elementi e le caratteristiche della prima; quasi a voler chiedere ad un soggetto collettivo, sempre difficile da tratteggiare, una intenzionalità ed una responsabilità che sono proprie dell’individuo. Siamo su quel terreno difficile ed accidentato della somma delle decisioni individuali che a volte fa emergere decisioni collettive che nessuno ha programmato e nessuno desidera.
Ma nel libro c’è un richiamo forte ad una dimensione etica, che diventa la chiave per risolvere il problema della intenzionalità collettiva. Il rischio di avere una somma di buone decisioni individuali che generano una pessima decisione collettiva è sempre presente ma può, nel pensiero delle autrici, essere evitato. È un disegno ambizioso, ma assai intrigante e soprattutto credibile. Il discorso etico è uno di quei discorsi che non si può fare con distacco; se se ne parla, se ne deve condividere appieno il contenuto. Il libro racconta, infatti, sia pure sottotraccia, una storia personale, in modo particolare quella di Elita Schillaci, di proiezione costante verso l’esterno, di tensione emotiva, di pulsioni innovatrici.
Per trasformare un territorio senz’anima in un territorio imprenditoriale occorre dunque molto. Ma la posta in gioco è alta. Non riuscire a farlo condannerà i territori alla marginalità. Da questa prospettiva indesiderabile si esce con coesione sociale e partecipazione allargata, ma si esce anche e soprattutto recuperando quella vigilanza che è propria degli imprenditori, facendola diventare la cifra distintiva del territorio. Essa, tuttavia, non deve essere fredda e calcolatrice ma calda e solidale. Il libro conduce verso territori diversi e forse impossibili, ma è un libro che tutti dovrebbero leggere per la ricchezza dei contenuti, per la passione civile, e per la giusta dose di utopia.

05/12/2010

venerdì 3 dicembre 2010

Università e territorio: una positiva esperienza

Vi segnalo l'articolo pubblicato il 30 novembre 201 (a firma Giuseppe Melchiorri) sul Bollettino d'ateneo dell'Università di Catania (www.unict.it)

IPOTESI PER LA CITTA' DEI GIOVANI La palestra dell'ex convento delle Verginelle di via Teatro Greco potrebbe, ad esempio, divenire un centro di enogastronomia, con tanto di "wine bar" e ristorante, dove svolgere anche corsi di degustazione vini e di cucina. L'ex mercato di via Santa Maria della Catena una comunità giovanile 'non politicizzata' con laboratori e gallerie d'arte e spazi espositivi. Sono solo due dei 24 progetti realizzati dai centoventi studenti del corso di 'Architettura e composizione architettonica 3' (cdl Ingegneria Edile Architettura) della facoltà di Ingegneria dell'Università di Catania, tenuto dal prof. Riccardo Dell'Osso.
I giovani allievi ingegneri, seguiti dagli arch. Stefania Marletta e Venera Ardita e dalle tutor Emanuela Forzese ed Elisa Longhitano, hanno individuato 22 "edifici-risorsa" a Catania, sia nel centro storico che nella periferia della città, e altri 2 nella parte antica di Paternò da riqualificare, attraverso una serie di progetti per insediarvi eventuali comunità giovanili. Le altre proposte di trasformazione riguardano anche l'edificio di piazza Santo Spirito, il villino Rametta a Catania, l'ex Mattatoio di via Domenico Tempio, gli ex cinema Concordia e Midulla nel cuore di San Cristoforo, casa Castagnola e villa Fazio a Librino, villa Gentile Cusa a Cibali, il parco Gioeni.

Le sperimentazioni progettuali, tutte rigorosamente "a misura di giovani", sono state presentate questa mattina nel nuovo edificio della Didattica della facoltà di Ingegneria, nell'ambito di una mostra dal titolo "Luoghi e forme per l'aggregazione giovanile". All'inaugurazione sono intervenuti Andrea Fantoma, capo del Dipartimento ministeriale della Gioventù, che ha patrocinato l'iniziativa, il preside della facoltà Luigi Fortuna, il direttore del dipartimento di Architettura ed urbanistica dell'Ateneo, Paolo La Greca, il presidente del corso di laurea in Ingegneria edile, Angelo Salemi, e l'assessore all'urbanistica del Comune di Paternò, Daniele Venora.

L'esercitazione svolta dagli studenti del corso si inserisce in un progetto di ricerca dal titolo "Comunità giovanili come occasione di rigenerazione urbana. Luoghi e forme per l'aggregazione giovanile nel paesaggio contemporaneo", condotto dall'architetto Marletta del Laboratorio per il paesaggio urbano e la mobilità del Dau, con il patrocinio del Ministero per la Gioventù.
«Gli obiettivi di questo lavoro sono principalmente due - ha spiegato l'architetto Marletta-: favorire e incrementare la cultura giovanile creando spazi di aggregazione autogestiti e innescare un meccanismo virtuoso che, attraverso il recupero dei beni inutilizzati, possa portare a un miglioramento della qualità urbana, e quindi a realizzare sviluppo sociale. Catania e Paternò sono città pilota per questo tipo di progetti, ma siamo convinti che questo modello sia esportabile su scala nazionale, sempre tenendo conto della specificità di ogni singola città». «Presto - ha continuato Marletta - sulla base dei risultati raggiunti da questa esercitazione, prepareremo un dossier da consegnare agli enti locali, nel quale indicheremo delle linee guida per aiutare gli organi di governo ad individuare gli edifici-risorsa e i relativi criteri di intervento».

La mostra è stata realizzata con l'aiuto dell'ing. Nunzio Felici dell'Agenzia del territorio, della dott.ssa Margherita Oliva, dell'assessorato alle Politiche giovanili del Comune di Catania dell'arch. Antonio Iannizzotto e dei geom. Giuseppe Catalano, Salvatore Distefano e Giovanni Palermo della direzione comunale Patrimonio e sarà visitabile fino a giovedì 2 dicembre. «Per noi è stata un'esperienza molto formativa - ha commentato uno degli studenti che hanno presentato un progetto, Carlo Pennisi -. Non solo ci siamo trovati ad affrontare un progetto di ristrutturazione di un edificio, ma soprattutto abbiamo dovuto portare avanti un lavoro di analisi pre-progettuale, attività per noi completamente nuova. Ci siamo dovuti confrontare con l'ambiente esterno, studiando le ragioni del degrado di alcuni luoghi, parlando con i cittadini e cercando di comprendere le loro necessità. Un lavoro di straordinaria crescita professionale e umana».

«L'attività del mio gruppo - ha affermato un'altra studentessa, Martina Firrincieli -, riguardava la riqualificazione della zona di Casa Castagnola e di Villa Fazio, a Librino, dove attualmente si trovano un asilo e una chiesa anglicana. Mantenendo questi spazi già presenti, il nostro progetto ha cercato di prevedere alcune delle strutture di cui hanno bisogno i giovani della zona, come campi sportivi, spazi verdi ben mantenuti e arredi d'esterno».

Tecnis: + 10 posizioni nella graduatoria Sole-24Ore

Continua la crescita di Tecnis Spa, che scala altre 10 posizioni della classifica «Edilizia e Territorio» pubblicata il 16 ottobre dal Sole-24 Ore. L’azienda, della quale Cogip detiene il 50%, si piazza al 22º posto (era 32ª nel 2009) nella speciale graduatoria delle prime 50 imprese italiane di costruzioni. «Produzione più che raddoppiata in tre anni: l’impresa siciliana consolida il record di crescita. Presentando per la prima volta un bilancio consolidato, la seconda impresa del Sud scala altre 10 posizioni in classifica. Il conto economico evidenzia una buona redditività (per il mercato delle opere pubbliche) e un indebitamento fisiologico. Il valore delle commesse acquisite raggiunge quota 1,7 miliardi». Tecnis, società di EPC (Engineering, Procurement and Construction), « si è imposta – scrive ancora il Sole-24 Ore – come significativo operatore di riferimento nel mercato del project financing e da fine 2009 ha consolidato il presidio in quello del general contracting con una qualifica di contraente generale (in I classifica)».

lunedì 29 novembre 2010

Sopralluogo Anas al cantiere Ss. 284 Bronte-Adrano

Si è svolto l’8 ottobre il sopralluogo tecnico del’Anas nel cantiere per i lavori di sistemazione e adeguamento della piattaforma stradale della Statale 284 “Occidentale Etnea” nel tratto Bronte-Adrano (dal km 20+000 all’abitato di Bronte). L’appalto integrato è stato assegnato all’Ati (Associazione temporanea di impresa) di cui fa parte Cogip assieme a Ing. Pavesi & C. Spa, Franco Giuseppe Srl e Nuova Costruzione Siciliana S.c.a.r.l. Presenti Alfredo Baio (segretario generale Anas), Ugo Dibennardo (direttore generale Anas Sicilia), Giovanni Iozza (responsabile unico del procedimento) e Giuseppe Imbraguglio (direttore dei lavori). La delegazione Anas – accolta da dirigenti, tecnici e maestraze Cogip – ha espresso soddisfazione per l’andamento del cantiere.

lunedì 30 agosto 2010

Grandi opere per la crescita

Nelle classifiche delle realtà imprenditoriali d’Italia
curate dal supplemento “Edilizia&Territorio”, il IlSole24Ore l’ha annoverata
tra i “big” delle costruzioni: prima fra le new entry per aumento del fatturato
(più 39,2%), quarta per consistenza nella graduatoria generale, 45a per
cifra d’affari globale. Stiamo parlando di Tecnis SpA, società
siciliana di EPC - Engineering, Procurement e Construction - attiva
nel settore della realizzazione di grandi opere infrastrutturali e dei servizi
ambientali.

Capofila del consorzio stabile Uniter, attestato dal MIT quale
General Contractor, Tecnis vanta nel suo “core business” opere portuali, grande viabilità su gomma e ferro, opere di consolidamento e sistemazioni idrogeologiche. Dal portfolio clienti emergono importanti nomi di committenti nazionali: Anas, Italferr, RFI, Autostrade per l’Italia, Autorità Portuali di Catania, Genova, Ragusa, Civitavecchia, Enel, Commissariati di Governo, Regioni, Province e Comuni.
Ma i punti di forza della strategia aziendale sono soprattutto la disponibilità di
risorse professionali altamente qualificate - oltre 1.100 unità, tra manager,
impiegati e maestranze - di tecnologia e know how tecnico, finanziario, legale, amministrativo; di strutture fortemente innovative che consentono un approccio sistematico globale, che prevede ideazione, pianificazione, realizzazione, gestione e controllo, e che innesca sinergie organizzative trasversali.

Tra le opere di spicco realizzate in Sicilia, terra in cui il dott. Mimmo
Costanzo - fondatore di Tecnis
insieme all’ing. Concetto Bosco -
ha gettato le basi della sua impresa e che ospita gli uffici, sono
annoverate la “bretella 26” dell’aeroporto V. Bellini di Catania,
realizzata in tempi record e capace da incrementare la capacità dello
scalo dai 16 movimenti/ora ai 28/30 attuali, e i lavori di due importanti
tratti della nuova metropolitana della città etnea.

mercoledì 21 luglio 2010

Un porto turistico d’avanguardia

Il porto turistico di Marina di Ragusa è stato realizzato in tre
anni dalla Tecnis di Catania. Il sistema è quello del project financing,
il 50%a carico dei soggetti pubblici e il 50% a carico dei privati.
L’investimento complessivo è stato di 70 milioni di euro.
La nuova struttura è d’avanguardia, può ospitare fino a 1000 posti barca,
occupa una superficie di 250 mila metri quadrati, dei quali circa 50 mila per la realizzazione di piazzali.
Attualmente in Sicilia ci sono 42 approdi per poco più di 15 mila posti barca.
I fondatori di Tecnis SpA Mimmo Costanzo e Concetto Bosco: «Il nostro
è un gruppo compatto ed entusiasta fatto da amici per la pelle»